Quello che distingue chi si occupa di fiction dal documentarista è l’incontro coi protagonisti del “prodotto audiovisivo”. Nel primo caso, naturalmente, si tratta di attori. Per chi, come me, incontra invece persone che raccontano la propria storia, che in un certo senso interpretano se stessi, l’incontro è sempre particolarmente emozionante.
In genere le persone le conosci prima “su carta” o perché qualcuno ti ha fatto il loro nome. Cosí è stato, per “Le storie che so di lei” , fino ad ora. Ilaria e Manuela mi hanno parlato di Sandra, di Consiglia, di Caterina, di Ada, di Antonella, delle altre, che ho conosciuto dunque prima attraverso le loro parole. Alcune donne, a seguito del nostro appello di agosto, ci hanno scritto delle mail. Tra loro c’è stata Franca. La sua mail è arrivata come un suggerimento sotto voce: alcuni nomi di donne che potrebbero raccontarci la loro testimonianza e la notizia del possesso di alcuni giornali dell’epoca. Tra le righe, Franca racconta di esser stata coinvolta come donna della chiesa valdese e delle comunità di base con lo slogan "Contro l'aborto per la 194”.
Ho incontrato Franca ieri pomeriggio, nella sua casa tutta bianca. Franca è molto più giovane di quanto immaginassi: “ero una ragazzina quando mi sono avvicinata alla realtà delle femministe a Lecce” racconta e le si illumina lo sguardo. Ricorda le iniziative portate avanti insieme ad altre compagne, Sandra, che mi ha accompagnato, ricorda insieme a lei. Eppure non rammentano di essersi mai incontrate! È bello assistere a questa scenetta molto simpatica: “la festa in cui non si voleva la presenza maschile” “certo, c’ero anch’io! Ma non ero una separatista, io…”. Franca mi è subito sembrata diversa dalle altre donne incontrate fino ad ora. Non capisco subito perché, ma mi diventa chiaro quando inizia a parlare del suo rapporto con il suo credo religioso. “Un principio evangelico fondamentale nella mia vita è che la fede è pratica di libertà” leggo negli appunti che mi ha fotocopiato di un suo intervento in un convegno. Ci spiega il suo punto di vista sulla Legge 194, che come donna credente ha difeso perché ha dato alle donne la possibilità di poter abortire in strutture pubbliche adeguate pagando il prezzo più basso possibile a livello psicologico, sociale ed umano.
Il rapporto tra fede e femminismo è estremamente interessante. Tra i tanti preconcetti sul femminismo, c’è anche quello che tutte le femministe siano atee o lontanissime da qualsiasi fede. E invece c’è un importante fervore attorno a questo tema. Ci sono state teologhe che hanno portato avanti le loro battaglie sul diritto all’aborto, convegni e pubblicazioni di grande interesse. Tutto un fervore che è necessario riportare. Soprattutto perché quella che stiamo raccontando è una realtà profondamente cattolica, dove l’aborto è sempre stato considerato un peccato mortale. “La vita è un dono di Dio, non un destino da subire” scrive Franca in un bellissimo articolo pubblicato sul Quotidiano nel 1981, Il dramma dei cattolici “Quello che oggi c’è in gioco è proprio il concetto di donna come soggetto responsabile, capace di fare delle scelte e matura per decidere con coscienza adulta, a fronte di una concezione di dama cui viene negata la gioia della sessualità e vista solo come soggetto di riproduzione”
Si, è questa la parte più bella ed emozionante del lavoro di documentarista: l’incontro con le persone.
Tutte le donne incontrate fino ad ora hanno qualcosa in comune che esprime forza e fierezza. Sono proprio questa forza e questa fierezza cio’ che voglio raccontare.
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