Ancora un incontro, ancora ascoltare, registrare, la testimonianza di una donna, Antonella, che negli anni delle lotte femministe aveva 14 anni. Un bel racconto, il suo, denso di dettagli. Le sue parole, molto simili a quelle delle altre donne, ancora una volta mi hanno fatto pensare. Non più alle manifestazioni, alle battaglie… è alla propria rivoluzione, a quella personale di ognuna che ho pensato.
Per Antonella, esattamente come Franca, Anna e le altre, la rivoluzione della sua vita è stata riuscire a conciliare la sua aspirazione ad una libertà personale –mai scontata- con il suo essere donna, e dunque con l’amore per sé, per la sua famiglia. Mi sono chiesta “Se questa domanda –Qual’è stata la tua rivoluzione- fosse stata fatta a un uomo, cosa avrebbe risposto?”
Qualche tempo fa ho sottoposto un breve questionario alle donne che ci seguono, alle nostre amiche, madri, alle donne che conosciamo. In moltissime hanno risposto.
Alla domanda sulla propria rivoluzione praticamente tutte hanno scritto della conciliazione tra l’indipendenza e le aspirazioni sentimentali. Come a dire: da una parte me stessa, dall’altra… l’altra parte, gli affetti, i figli, l’amore. Insieme.
“La mia personalissima rivoluzione è la mia bimba, che adesso ha due anni e che ho deciso di fare nonostante una precarietà lavorativa ed esistenziale costante, il mio modo di voler affermare il mio diritto di realizzare la mia voglia di maternità nonostante tutto” scrive Francesca. Ed ecco Elisa “Dalla famiglia al lavoro: dal rispetto della mia identità in casa e dalla divisione equa dei compiti, alla ricerca scientifica in un settore da sempre di dominio maschile”. Ancora, Paola “La mia rivoluzione è stata inventarsi ogni giorno una strategia per tenere insieme il lavoro, la famiglia, la politica, l’associazionismo delle donne e il tempo per me”.
Anche l’idea della felicità è associata alla quotidianità: “Ogni tipo di amore: per il compagno della mia vita, per mia sorella ,per le mie alunne, per le mie gatte e gli animali in genere, per il mare, per i film di Woody Allen,per gli spaghetti al burro e parmigiano......” scrive Sandra. “Un lavoro appagante e un compagno che ti capisca e ti rispetti” , “Amare (me stessa, la vita, il futuro che non conosco, le persone che mi sono vicino..) ed essere amata”.
Cosa avrebbero risposto i nostri uomini?
Ci sono delle caratteristiche legate al sesso nella nostra idea di felicità? Nella nostra idea di rivoluzione? Ci sono delle peculiarità squisitamente femminili?
Quando ho iniziato a lavorare con le mie care femministe, ragazze “terribili” e oggi signore adulte e consapevoli, ma non meno assetate di vita, ho pensato che fossero diverse, più dure, forse, di quelle che le avevano precedute. È difficile da spiegare, ma a volte gli stereotipi con i quali cresciamo sono duri da estirpare. Le femministe sono atee, sono libere, sono estremiste, sono forti.
Le femministe sono donne, sono diverse, sono tantissime, le loro rivoluzioni sono state tante, come diverse le loro felicità.
Qual’è stata la mia rivoluzione? Inseguire le mie passioni, sempre. A scapito della stabilità economica, della sicurezza del futuro.
Qual’è la mia idea di felicità? Come per tutte le donne delle quali ho letto le risposte, anche per me la felicità è nelle piccole cose. La serenità della mia famiglia, il mio compagno, l’apprezzamento del mio lavoro, i miei amici che ci sono sempre, ricevere una mail con i pensieri di un’altra persona, che non teme di raccontarsi, questo documentario che prende forma, la scelta di una canzone.
Da ragazzina lessi “Un cuore arido”, che mi tocco’ profondamente. Anna, la protagonista del romanzo, era una donna sola, dura, ma profondamente appassionata e passionale. “Un cuore arido” è la storia di alcuni momenti di felicità. “Il cuore di Anna si riempi’ di gioia. Fu una gioia improvvisa, breve. La felicità deve durare solo pochi istanti. Sarebbe insopportabile, altrimenti”, scriveva Cassola.
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